Se amate scoprire la storia e la cultura delle popolazioni che hanno abitato i luoghi cui fate visita, durante una vacanza in Molise non potete farvi sfuggire una visita al Museo Sannitico di Campobasso. Ricco di pezzi provenienti del Sannio (ovvero quel territorio abitato dai Sanniti, dei quali vi abbiamo parlato in questo articolo), il museo è fruibile e ben curato e, nella parte iniziale del percorso, offre la possibilità di consultare informazioni e curiosità su uno schermo interattivo. La quantità dei reperti e soprattutto la loro datazione, che copre un periodo che parte dalla Protostoria per arrivare all'Alto Medioevo, lo rendono un vero e proprio gioiello ed una tappa fondamentale per i viaggiatori.
Passato per un primo florido periodo e poi per una serie di vicissitudini, il museo dedicato alla civiltà Sannitica ha un storia lunga oltre 130 anni. Fu subito molto amato dalla città ed ancora oggi rappresenta un punto di riferimento per gli amanti e gli studiosi di questa antica popolazione.
La storia del museo inizia pochi decenni dopo l'Unità d'Italia. Inaugurato il 24 settembre 1882, fu il risultato delle donazioni di famiglie borghesi della città. Queste, in preda al fermento culturale dell'epoca, cercavano le proprie radici proprio nel museo inteso come "tempio delle antiche memorie"(1). Nei primi anni di vita il museo arricchì sempre più la collezione al punto che nel 1889 fu necessario un riordino dei pezzi e venne edito il volume Il Museo Provinciale Sannitico di Campobasso. Inventario degli oggetti antichi.
Dopo il fermento dei primi decenni, il museo conobbe un periodo di declino. Passato l'iniziale entusiasmo, infatti, le donazioni diventarono sempre più infrequenti ed anzi ci furono delle sistematiche depredazioni. Fra tutte la più grave fu sicuramente quella avvenuta durante la Seconda Guerra Mondiale, in seguito a cui si salvarono appena 560 reperti dei circa 2.000 che costituivano il patrimonio originale. Negli anni '70 del Novecento, il museo venne infine chiuso.
Fu solo nel 1995 che il museo potè finalmente riaprire, perdendo la denominazione provinciale e divenendo un punto di riferimento per la storia del Sannio. Ad oggi il Museo ha sede in un palazzo storico appartenuto alla nobile famiglia napoletana dei Mazzarotta ed ospita la gran parte del patrimonio archeologico della Regione Molise.
La visita si articola su tre piani, organizzati in ordine cronologico e suddivisi per epoche.
Il piano terra è dedicato alle prime società guerriere in Molise ed alle influenze culturali che hanno contribuito a definire l'identità dei Sanniti. Tra corredi funerari maschili e femminili, materiali ceramici provenienti dalla Daunia, recipienti bronzei riconducibili agli Etruschi e un ripostiglio per asce proveniente da Vinchiaturo, in questa sezione si può ripercorrere l'eta del Bronzo e del Ferro.
Il primo piano abbonda di pezzi di culto, tra cui delle raffinatissime statuette di Ercole. Vasi decorati, gioielli e corredi funerari testimoniano la storia di una civiltà articolata e fiorente nei commerci e nei rapporti con le popolazioni vicine.
Nel secondo ed ultimo piano è possibile ammirare oggetti risalenti al periodo dopo la conquista romana. Provenienti dalle zone limitrofe, specie Larino e Sepino, i manufatti spaziano da piccoli utensili per l'uso personale fino alla vetrina con la ricostruzione integrale della sepoltura di un cavaliere con il suo cavallo.
Dislocate lungo il percorso, infine, si trovano numerose copie tattili lasciate a disposizione dei visitatori per essere toccate ed osservate nel dettaglio.
Il Museo si trova in Via Chiarizia 12, in una strada raggiungibile solo a piedi. È aperto dal mercoledì alla domenica con orario continuato dalle 8:15 alle 19:00 ma l'ultimo ingresso consentito è alle 18:00. Il biglietto costa 4€, mentre chi ha meno di 25 anni paga il ridotto di 2€. Ad ogni modo, se vi recate a Campobasso apposta per visitare il museo, vi consigliamo di consultare il sito ufficiale o di telefonare allo 0874 412265.
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Note bibliografiche
Di Niro A., I luoghi della cultura del Molise, Betagamma Editrice Viterbo, 2019, p. 3
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